Menu di scelta rapida
Dimensione testo:
News e Appuntamenti

Letto (e) disfatto: la recensione premiata

31.05.2013

La giuria del concorso Letto (e) disfatto, che metteva in palio un buono libri del valore di 200 €, ha deciso di premiare questa recensione di La foresta ti ha:

“Soffici come il pelo della pancia delle api ... ”

Aggrappati al collo dei loro padrini, i candidati attraversano il sentiero proibito di gran carriera. Vengono depositati nella zona segreta, su stuoie intrecciate, costretti ad osservare nient’altro che il terreno scuro e intriso di sangue a pochi centimetri dal loro volto. Tutto intorno ogni rumore pare amplificato, assordante: il rumore delle palpebre di Jenghi, lo Spirito della Foresta. I tamburi, in lontananza, urlano al cielo con prepotenza. Il rito è cominciato. Il rito d’iniziazione che i giovani Baka affrontano per diventare uomini ed essere finalmente parte della società.
Il rito cui questa volta prenderà parte anche un ragazzo bianco.  Intorno a questa celebrazione gravita il romanzo di Luis Devin, autore e protagonista delle vicende narrate con tanto trasporto e limpida sincerità, da riuscire a coinvolgere il lettore nel profondo. Partito dall’università di Torino, studente in cerca di emozioni e avido di esperienze sul campo, egli si avventura in un mondo tutto nuovo e da scoprire, fatto di condivisione, amicizia, rispetto. Incontra i membri di una tribù dell’Africa centrale che lo accolgono e, come un bambino, lo istruiscono, rivelandogli i segreti della foresta e appagando la sua insaziabile curiosità. Pagina dopo pagina questi sconosciuti dalla pelle scura e dal sorriso d’argento diventano per lui una famiglia. Dopo mesi di convivenza, non c’è nulla che tu possa fare: la foresta ti ha.                                                                                                                                                                   È così che la quotidiana esperienza di persone lontane ed estranee si apre agli occhi del lettore con prepotenza e lo colma della sua intensità e tenebrosa bellezza grazie alle parole dello scrittore. Lo stile cui Devin ricorre è semplice, immediato, privo di artifizi letterari e spesso riprende parole e frasi in lingua Baka, finestre su un mondo ignoto che si fa impovvisamente tangibile. L’autore mette se stesso in ogni parola ed espressione. Rivela senza lesinare i suoi pensieri, le sue reazioni, le sue paure. Non si risparmia neanche per quanto riguarda l’autoironia e l’esposizione di circostanze in cui è stato motivo di intensi scrosci di risate. Permette così al lettore di immedesimarsi completamente in quel ragazzo impacciato, goffo, che da solo non è capace di distinguere quale sia il legno più adatto per accendere il fuoco. Permette di innamorarsi dell’esperienza vissuta da un giovane dai capelli “soffici come il pelo della pancia delle api”, fra piccoli, grandi uomini dai fitti riccioli ispidi e scuri.