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Cloe Curcio

“C'era una volta, in un regno lontano, un posto strano dove le farfalle erano tutte bianche”...

Tutto inizia con una lampadina e dei ragazzini raccolti intorno a un tavolo nella notte buia. Fuori regnano silenzio e tranquillità. Sembrerebbe quasi un bel quadro, felice. Ma di gioioso non c'è assolutamente nulla nelle vite dei bambini ebrei di Terezín, la città-fortezza dove sono rinchiusi e destinati allo sterminio. Questi giovani, che hanno avuto la sfortuna di nascere nel corso della Seconda Guerra Mondiale, nella comunità allora perseguitata, raccontano attraverso gli occhi di un anonimo protagonista la loro vita nel ghetto. Ci parlano di crudeltà e violenza, di ingiustizia e di dolore. Soli, senza più una casa né una famiglia, verrebbero schiacciati dal sistema distruttivo del nazismo, se non fosse per la loro volontà di non cedere. Per questo ogni venerdì sera si riuniscono nella loro baracca L417, la casa dei ragazzi, per scrivere di ciò che vedono, di ciò che sentono. Nasce così “Vedem”, Avanguardia, la rivista in cui compaiono articoli e disegni della vita nel ghetto narrata dal punto di vista dei bambini. È un modo per resistere, per continuare a vivere. È la raccolta di tutte le voci del ghetto, “che sarà fragile e debole, però è una voce contro le guardie, contro i nazisti che continuano a parlare di noi al passato, come se non esistessimo già più”.
Dal marzo 1943 al novembre 1944 seguiamo le vicende dei bambini di Terezín, narrate con intensità e realismo. Viviamo con loro la prigionia, guardiamo con i loro occhi innocenti le uccisioni e le violenze gratuite delle guardie. Veniamo immersi con brutalità in un mondo in cui la parola “pietà” non ha alcun significato, dove il colore predominante è il grigio. Però la scintilla di ribellione, che poi si sintetizza in un rifiuto di cedere alla disperazione davanti alla cattiveria nazista, ci lega con un filo tanto sottile quanto tenace ai ragazzi e alla loro rivista. È impOssibile non ammirare il loro coraggio, la loro forza d'animo.
Lo stile di Corradini è coinvolgente, il suo scrivere in prima persona aiuta a identificarsi nel personaggio. Tutto nella sua modalità di narrazione mira a rendere partecipe il lettore di determinate emozioni o situazioni e si avvale in modo magistrale delle tecniche tipiche della scrittura creativa.
 La lettura è piacevole, abbastanza scorrevole. Dopo le prime pagine, nelle quali si fatica a orizzontarsi, la storia comincia a delinearsi. Tra sogni e realtà, tra esperienze e racconti, si entra poco a poco nel terribile mondo del ghetto. L’autore delinea un quadro attendibile di come doveva essere la vita in quel luogo tremendo, ma purtroppo reale. A partire dalle copie di “Vedem”, oggi conservate al Memorial di Terezín, racconta con l’anima questa straordinaria epopea, che per quanto semplice possa apparire a prima vista, denota grande coraggio e determinazione da parte dei suoi protagonisti. Quest'opera lascia un segno nel lettore, che per quanto voglia illudersi di un possibile miglioramento della situazione, sa di non poterselo aspettare. Con drammatico realismo, viene raccontata una storia che non viene mai edulcorata o resa più semplice. Il protagonista è un bambino che avrebbe benissimo potuto esistere. Forse è proprio questo a rendere “La repubblica delle farfalle” un libro che merita di essere letto. Per non dimenticare mai ciò che è stato.

Cloe Curcio classe 4 Esa
Liceo Linguistico Vasco Mondovì